Antonella Sportelli
14 dic 20232 min
Aggiornato il: apr 26
Un Mangiatore d'Oppio.
Paradisi Artificiali, Charles Baudelaire, Garzanti Editore, Milano, 1991.
«O giusto, sottile, possente oppio! Tu che nel cuore del povero come del ricco, alle ferite che mai si cicatrizzeranno e alle angosce che inducono la mente alla ribellione, offri un balsamo che lenisce; oppio eloquente! Tu che, con la tua possente retorica, rendi inermi le decisioni della rabbia, e che, per una notte, rendi all'uomo colpevole le speranze della gioventù e le sue mani di una volta pure di sangue; tu che offri all'uomo orgoglioso un effimero oblio
Di torti irreparati, di invendicati insulti;
tu che citi di fronte ai tribunali dei sogni i falsi testimoni, per il trionfo dell'innocenza immolata; tu che confondi lo spergiuro; tu che annulli le sentenze dei giudici iniqui; - tu edifichi nelle più profonde tenebre, con la sostanza immaginaria del cervello, con un'arte più intensa di quella di Fidia e di Prassitele, città e templi più splendidi di Babilonia e Hecatompylos, e dal caos di un sonno gremito di sogni evochi alla luce del sole i volti delle bellezze da tanto tempo sepolte, e le fisionomie familiari e benedette, purificate dalle ingiurie delle tomba tomba.
Tu solo, offri in dono all'uomo questi tesori e possiedi le chiavi del paradiso, o giusto, sottile e possente oppio!» - Ma prima che l'autore abbia avuto l'audacia di elevare, in onore del suo amato oppio - questo grido violento come la gratitudine dell'amore, quante astuzie, quante cautele da retore! Innanzitutto l'eterna affermazione di chi deve fare confessioni compromettenti, quasi deciso, però, a compiacersene...
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Colui che, per lungo tempo si è consegnato all'abisso dell'oppio o dell'hascisc e ha potuto trovare, pur indebolito dall'abitudine della sua schiavitù, l'energia necessaria per affrancarsene, mi appare come un evaso. Mi ispira più ammirazione dell'uomo prudente, che non ha mai errato, e che ha avuto sempre cura di evitare la tentazione.
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Epoca oscura, vasto dedalo di tenebre, attraversato a intervalli da visioni sfarzose e opprimenti:
È come se un pittore eccelso avesse
immerso il suo pennello
nell'umor nero del sisma e dell'eclisse.
Questi versi di Shelly, così solenni e veramente miltoniani, rendono bene il colore di un paesaggio oppiaceo, se così ci si può esprimere; ecco il cielo tetro e l'orizzonte impermeabile che avvolgono il cervello asservito dall'oppio. L'infinito nell'orrore e nelle melanconia e, più melanconica di tutto, l'impotenza di strappare se stessi al supplizio!
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