Stralci tratti dal romanzo di Edgar Allan Poe "I delitti della Rue Morgue", del 1841. Riflessioni sulle capacità mentali, analitiche in particolar modo, con riferimento ai giochi degli scacchi e della dama.
"Le facoltà mentali che definiamo analitiche sono di per sé poco
suscettibili di analisi. Le intendiamo a fondo unicamente nei loro effetti.
Di esse sappiamo, tra l'altro, che per chi le possiede in misura
straordinaria sono, sempre, fonte del più vivo godimento. Come l'uomo
forte gode della propria prestanza fisica, dilettandosi di quegli esercizi
che impegnano i suoi muscoli, così l'analista si compiace di quell'attività
mentale che risolve. Trae piacere anche dalle occupazioni più banali,
purché impegnino i suoi talenti. È appassionato di enigmi, di rebus, di
geroglifici, facendo mostra nel risolverli di un acumen che a
un'intelligenza comune appare soprannaturale. I risultati cui perviene,
dedotti dall'anima stessa, dall'essenza del metodo, hanno, in verità, tutta
l'aria dell'intuizione. La capacità di risolvere è probabilmente potenziata
dallo studio della matematica e soprattutto del ramo più nobile di essa
che impropriamente, e solo a causa delle sue operazioni a ritroso, è stato
denominato analisi, quasi lo fosse par excellence. Eppure calcolare non è
di per sé analizzare. Un giocatore di scacchi, ad esempio, calcola, senza
ricorrere all'analisi.
Ne consegue che il gioco degli scacchi, per quanto concerne il suo
effetto sull'abito mentale, è completamente frainteso. Non sto scrivendo
un trattato, ma semplicemente premettendo alcune osservazioni fatte a
casaccio a una narrazione piuttosto singolare; colgo pertanto l'occasione
per sostenere che le facoltà superiori dell'intelletto riflessivo vengono
messe alla prova più decisamente e con maggiore utilità dal più modesto
gioco della dama che dall'elaborata vacuità degli scacchi. In quest'ultimo
gioco, dove i pezzi hanno movimenti diversi e bizzarri, secondo valori
vari e variabili, quanto è solo complicato passa (errore tutt'altro che
insolito) per profondo. Vi si esige un'attenzione davvero straordinaria.
Ove essa si allenti per un attimo, ne conseguirà una svista comportante
un danno o una sconfitta. Poiché le mosse possibili non sono solo
molteplici, ma anche complesse, le occasioni per simili sviste si
moltiplicano, e nove volte su dieci chi vince non è il giocatore più sottile,
ma quello capace di maggior concentrazione. A dama, al contrario, dove
le mosse sono di un unico tipo e scarse le variazioni, le probabilità di
distrazione sono minori, e poiché la mera attenzione viene impiegata
solo relativamente, i risultati ottenuti da entrambi gli avversari sono da
attribuirsi a un acumen maggiore. Ma lasciamo le astrazioni.
Immaginiamo una partita a dama dove i pezzi siano ridotti a
quattro dame, e dove, naturalmente, non sia probabile alcuna svista.
È chiaro che qui la vittoria sarà decisa (dal momento che i giocatori si
equivalgono) solo da una mossa recherchée, risultato di un poderoso
sforzo dell'intelletto. Privato delle consuete risorse, l'analista penetra
nello spirito dell'avversario, si identifica con esso, e non di rado vede
così, con una sola occhiata, l'unico metodo (talora assurdamente
semplice) con cui può indurre l'altro in errore o fargli fare, per la fretta,
un calcolo sbagliato.
Da lungo tempo il whist è apprezzato per l'influenza che esso esercita su
quella che viene definita capacità di calcolo; e si sa che uomini di
altissimo intelletto ne hanno tratto un diletto apparentemente
inspiegabile, mentre hanno disdegnato gli scacchi come gioco frivolo.
Senza dubbio non v'è tra i giochi nulla che impegni a tal punto la facoltà
di analisi. Il miglior giocatore di scacchi della cristianità sarà il miglior
giocatore di scacchi o poco più; ma l'abilità al whist implica una
probabilità di successo in tutte quelle imprese tanto più importanti in cui
una mente si trova a lottare con un'altra mente. Quando dico abilità,
intendo quella perfezione di gioco che implica la conoscenza di tutti i
mezzi da cui possa trarsi legittimo vantaggio. Tali mezzi non sono
soltanto molteplici ma multiformi, e si celano spesso in recessi del
pensiero assolutamente inaccessibili all'intelligenza normale. Osservare
attentamente significa ricordare con chiarezza; e, sotto questo aspetto,
l'attento giocatore di scacchi riuscirà benissimo nel whist; d'altra parte, le
regole di Hoyle (anch'esse basate sulla mera meccanica del gioco)
sono di facile e generale comprensione. Così avere una memoria salda e
attenersi fedelmente alle regole sono punti generalmente considerati
come il meglio, il massimo del ben giocare. Ma è nei casi che si
collocano fuori delle pure e semplici regole che si manifesta l'abilità
dell'analista. In silenzio, egli fa una quantità di osservazioni e deduzioni;
lo stesso, forse, fanno i suoi compagni di gioco; ma la differenza nella
portata delle informazioni così ottenute non consiste tanto nella validità
della deduzione quanto nella qualità dell'osservazione. Quel che è
necessario sapere è che cosa bisogna osservare. Il nostro giocatore non si
pone limiti, né, per il fatto che l'oggetto è il gioco, trascura di trarre
deduzioni da ciò che è estraneo al gioco. Scruta l'espressione del suo
compagno, confrontandola attentamente con quella di ciascuno dei suoi
avversari. Tiene d'occhio il modo in cui, a ogni mano, ciascuno dispone
le proprie carte, spesso contando gli assi e le figure grazie agli sguardi
dei giocatori che via via ne sono in possesso. Nota il mutare dei volti
man mano che il gioco procede, traendo materia di riflessione dalle
diverse espressioni: sicurezza, sorpresa, trionfo, disappunto. Dal modo di
raccogliere un'alzata, giudica se chi la prende ha la possibilità di farne
un'altra dello stesso seme o colore. Riconosce la carta giocata per
ingannare dal modo in cui viene buttata sul tavolo. Una parola casuale o
distratta; una carta caduta o scoperta accidentalmente, e il nervosismo o
la noncuranza con cui viene nascosta; il conteggio delle alzate, l'ordine con cui si succedono; l'imbarazzo, l'esitazione, l'impeto o la trepidazione,
tutto ciò consente alla sua percezione apparentemente intuitiva di trarre
indicazioni sullo stato effettivo delle cose. Una volta giocate le prime
due o tre mani, egli conosce perfettamente le carte di cui ciascun
giocatore dispone, e da quel momento è in grado di buttar giù le sue
seguendo un piano così preciso come se gli altri giocassero a carte
scoperte.
La capacità analitica non deve essere confusa con la semplice
ingegnosità; giacché mentre l'analista è necessariamente ingegnoso,
l'uomo ingegnoso è spesso assolutamente negato all'analisi.
La facoltà di collegare o combinare, attraverso cui l'ingegnosità
comunemente si manifesta, e alla quale i frenologi hanno assegnato
(secondo me, a torto) un organo a parte, considerandola una facoltà
originaria, è stata così frequentemente riscontrata in persone il cui livello
intellettuale rasentava per altri versi l'idiozia, da attirare l'attenzione di
tutti gli studiosi di scienze morali.
Tra l'ingegnosità e la capacità analitica esiste in effetti una differenza
ancor più notevole di quella che intercorre tra fantasia e immaginazione,
benché di carattere assolutamente analogo. Si constaterà che l'uomo
ingegnoso è sempre ricco di fantasia, e che l'uomo dotato di vera
immaginazione non è mai altro che analitico."
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