Antonella Sportelli
Fotografia e Metropoli - Il Tempo Accelerato
Aggiornamento: 12 gen 2019
La condizione di tempo accelerato che subiamo all'interno delle metropoli, il costante evolversi di questa in una moltitudine di edifici che si allargano a macchia d'olio e che contemporaneamente scompaiono per essere successivamente rimpiazzati, l'impressione della vastità e inconoscibilità delle città a causa della loro estensione ed in poche parole l'idea di continuo mutamento della realtà che la rende immediatamente obsoleta, ci fa pensare inizialmente alla fotografia come portentoso mezzo per catturare l'istante ed archiviarlo.
Se da un lato esiste un processo di accelerazione, crescita e distruzione delle cose che ci fa intendere lo scorrere del tempo che rende tutto subito vecchio, dall'altro fotografare ha una ulteriore duplice possibilità, ovvero, salvare un'impronta di realtà e contemporaneamente imprimerle un "è stato", un tempo verbale passato (Barthes, La camera chiara), contribuendo, paradossalmente, ad accelerare il processo di invecchiamento.
La fotografia "funziona", in questo caso, come una memoria visiva artificiale atta ad integrare la nostra percezione del mondo.
Considerando il consumismo dilagante, ci tornano alla mente le parole di Susan Sontag: "L'ultima ragione del bisogno di fotografare tutto è nella logica stessa dei consumi... ... man mano che facciamo e consumiamo immagini, abbiamo bisogno di altre immagini e di altre ancora." (Sontag, Sulla fotografia)
Nella vertigine del consumismo, dell'accelerazione e dell'attraversamento di spazi che caratterizzano l'abitare in città, tutto appare come vivibile al presente.
Il tempo ci sfugge e l'espansione dello spazio diviene "estetica della sparizione" (Virilio), abbiamo voglia di fermare le impressioni e le cose con lo scatto fotografico.
Proprio là dove si verificano maggiormente queste condizioni, nei non-luoghi, si porta l'attenzione dei giovani e meno giovani artisti che utilizzano il mezzo fotografico: Luisa Lambri, Alessandra Tesi, Marco Signorini, Fabio Gasparri, Gea Casolaro, Francesco Bernardi, tanto per citarne alcuni.
Nei prossimi post vedremo, attraverso il loro occhi, i non-luoghi della surmodernità ed i cambiamenti del paesaggio urbano riflettendo su come gli artisti e noi tutti ci poniamo di fronte ad essi, come li viviamo ed utilizziamo.
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