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Immagine del redattoreAntonella Sportelli

La rappresentazione della malinconia nell'arte

Aggiornamento: 15 set 2023


Sintesi, con brevi esempi, della lezione di Storia dell'Arte della professoressa Bentini sulla rappresentazione della malinconia nell'arte.

Data: 14/02/1997. Luogo: Accademia di Belle Arti di Bologna.


Nel 500 l'idea di malinconia coincide con il temperamento dell'artista e con idee di irraggiungibilità, struggimento, male del desiderio che non trova mai il proprio oggetto: condizione stessa del male d'oggi e dell'uomo moderno. Una certa iconografia della malinconia, viene riproposta da diversi artisti, durante lo scorrere del tempo.


Brevi esempi di rappresentazione della malinconia nell'arte:


Albrecht Dürer rappresenta, nel 1514, la malinconia non più come una persona anziana, come in passato, ma come un genio alato e pensieroso che non agisce, non fa per il senso di inutilità dell'agire. La sua persona è rappresentata come seduta, con capo appoggiato alla mano e l'altro braccio rilasciato sulla gamba (qui è presente l'idea della notte e del dormire, anziché il giacere a far nulla). Tale posa è ripresa nel corso del tempo, per esempio, nell'affresco del Guercino a Roma.

Per alcuni aspetti quest'opera ha delle attinenze con la Melancholia di Edvard Munch, del 1911, e anche con quella di Friedrich. Le prime affinità che vengono in mente sono la luce, il momento del giorno ed il paesaggio. La luce si profila come doppia luce perché c'è già una luce che proviene dal primo piano; l'astro nel cielo che è sinistro, un po' inquietante e riflette la propria luminosità sull'acqua. Non si comprende se è un sole o una luna, ma se è un sole, sta per svanire. C'è un'idea di cupezza nel paesaggio stesso (crepuscolo) e compare proprio la scritta Melencolia.

Si può notare il particolare simbolismo del volto della figura che non è una fanciulla ma un genio con le ali. Si tratta di una figurazione che unisce in sé quasi l'idea dell'angelo-genio-classico. Ha un volto singolare che non viene celato ma è cupo e accigliato. Il suo sguardo si sta volgendo verso il fondo, è uno sguardo obliquo e sembra rivolgersi ad una direzione che noi stessi non riusciamo ad afferrare; le sopracciglia sono aggrottate e il volto stesso, nel linguaggio dell'acquaforte, è un volto fatto di neri e di grigi. Dunque un volto nero, cupo, che allude ad un mistero, ad una zona notturna del proprio sentimento che caratterizzato con precisione. Questo genio ha in mano un oggetto: è un compasso. Egli, tuttavia, non fa nulla; il compasso è semplicemente nelle proprie mani e potremmo dire che è un momento di cupa riflessione, e anche di non azione, di immobilità. Su questo punto ricordiamo che anche le opere di Friedrich portano sempre dentro di sé un'assoluta assenza di storia, un'assoluta immobilità, i personaggi non hanno nulla, semplicemente guardano, contemplano e alludono a uno stato d'animo che potenzialmente è nostro.


Un'altra cosa strana è la presenza di oggetti molto singolari che gli iconologhi hanno tentato di interpretare. Tra i simboli ne vedete alcuni riconoscibili, direi quasi quotidiani: una sega, uno scalpello, dei chiodi. Si tratta di oggetti di falegnameria che servono per costruire qualcosa che, però, non viene costruito: gli strumenti sono gettati a terra, inutilmente posti attorno alla figura. Altri oggetti ancora, alcuni di essi legati al tempo: una clessidra, una bilancia che sta pesando qualcosa, la scala come idea di ascensione verso l'alto, dei solidi geometrici: una sfera che si trova a terra, un poliedro enorme che si colloca proprio accanto al genio. Ci sono animali: un cane di una tristezza indicibile, un pipistrello e altri legati alla notte come il gufo. Quindi, c'è l'idea del notturno, dell'inquieto, del nascosto. È da notare la presenza di un quadrato magico le cui cifre, lette in orizzontale, verticale o diagonale danno sempre la stessa somma. Ancora, un mantice e un crogiuolo, quindi qualcosa che si lega al fare dei metalli con un rimando ad immagini alchemiche.

Oggetti che riguardano, in definitiva, il fare pratico; il fare geometrico, quindi mentale come la misurazione del tempo e dello spazio. L'inquietante nasce dal fatto che non c'è azione, gli oggetti non vengono utilizzati.


Melencolia I - Albrecht Dürer
Melencolia I - Albrecht Dürer

In Caspar David Friedrich, che riprende questa iconografia, la figura non guarda, non contempla, l'orizzonte è bianco e irraggiungibile, e ricorre la figura femminile. La Malinconia di Friedrich è databile intorno al 1803.

Qui non c'è più il paesaggio in sé ma un'immagine che potremmo dire simbolica. Ci sono delle presenze un po' inquietanti, una natura tra il vorace e il vitalmente aggressivo nei confronti della figura. È una natura intesa come morte, come assenza di vita, così come sono morti questi alberi che circondano il soggetto femminile presente nel disegno. Oltre alla donna c'è una spettrale ragnatela che parla di abbandono, ancora di morte. Mentre, la figura femminile, che è personificazione di questo stato d'animo, è seduta e sta mettendosi una mano sulla testa, sul volto. Ma non sta guardando noi, non sta guardando neanche la natura che pure è così rigogliosa intorno a sé, sta invece proiettandosi oltre, in un orizzonte che peraltro non viene neanche descritto.

Friedrich, quando si interessa direttamente di malinconia, ne dà una versione molto particolare, cioè di una figura che guarda qualcosa che non può afferrare, che non viene decritto; con un'idea di non possedibilità di quel bene di cui pure la propria ansia è, in qualche modo, in moto per cercare di possedere.



Caspar David Friedrich - Malinconia - Donna con ragnatela
Caspar David Friedrich - Malinconia - Donna con ragnatela

Vincent van Gogh, nel 1890, dipinge il Ritratto del dottor Gachet includendo nel quadro oggetti allusivi, testa inclinata e appoggiata sulla mano, sopracciglia aggrottate e sguardo pensieroso. Van Gogh dipinge il dottore come un autoritratto di lui malato di melanconia, come se questa fosse una vera e propria patologia.



Vincent van Gogh, Ritratto del dottor Gachet
Vincent van Gogh - Ritratto del dottor Gachet

Gustave Moreau dipinge, nel 1876, l'Angelo viaggiatore. Anche qui, la figura è rappresentata sempre non in volo, ma seduta ed in contemplazione. La mano non regge più il capo, come nei dipinti degli artisti precedenti (e negli anni precedenti), ma guarda lontano, all'infinito.



Gustave Moreau - Angelo viaggiatore
Gustave Moreau - Angelo viaggiatore

Andando avanti negli anni, tra il 1891 e il 1896, troviamo diverse rappresentazioni della Malinconia realizzate da Edvard Munch. In questi dipinti il mondo non viene più guardato, il viso dei diversi personaggi è concentrato nella contemplazione del proprio io.



Edvard_Munch_-_Melancholy_(1894)
Edvard Munch - Malinconia

Altre interpretazioni interessanti sono: la Malinconia ermetica del 1919, di Giorgio de Chirico, in cui sembra esista un segreto insvelabile; la Donna seduta di Mario Sironi, del 1925; nello stesso anno Felice Casorati dipinge l'Angelo della notte, ed è quasi realismo magico.

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2 Comments

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sergio.labuz
Nov 09, 2023

Molto interessante, oserei dire che nella musica un grande malinconico è stato Gustav Mahler.

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Antonella Sportelli
Antonella Sportelli
Nov 09, 2023
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Ciao Sergio, benvenuto qui. Approfitto dei tuoi colti suggerimenti per esplorare mondi che non conosco. E ti ringrazio, perché è importante avere questi stimoli.

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