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  • Immagine del redattoreAntonella Sportelli

Nicola Pisano - La Scuola Pisana - Arte Italiana Gotica

Aggiornamento: 13 ago 2023


Nicola Pisano, scultore, attivo in Toscana e in Umbria nella seconda metà del 1200, iniziatore della Scuola Pisana. Ignoriamo la date e il luogo di nascita esatti dell'artista. Quando nel 1260 egli scrive il suo nome sul Pulpito del Battistero di Pisa: "...hoc opus sculpsit Nicola Pisanus", egli si dimostra già maestro grande ed originale, onde la data della sua nascita parrebbe da porsi intorno al 1225. Oltre che "Pisanus" o "de Pipis", l'artista due volte si dice anche "de Apulia": toscano, dunque, ed oriundo pugliese? È stato sottolineato come nell'Italia meridionale, durante il Regno di Federico II, lo scultore avesse raggiunto un alto grado di rigore plastico, con forme fortemente ispirate a modelli classici (le Sculture della Porta di Capua) e a un precoce, robusto goticismo (Castel del Monte), che possono apparire persuasivamente come precedenti dell'arte di Nicola.


Scultura ritratto di Nicola Pisano, Uffizi, Firenze, medioevo
Scultura ritratto di Nicola Pisano - Uffizi - Firenze

Ugualmente si è sottolineato che la struttura dei pulpiti meridionali, per esempio quelli di Salerno, si avvicina assai più ai pulpiti di Nicola che non a quella dei pulpiti toscani. Ma in nessuna di queste sculture meridionali si riscontra l'impulso rinnovatore, l'originalità d'interpretazione dei modelli classici, che fa così grandi e nuovi i pulpiti di Nicola. E, del resto, in Toscana stessa, non mancavano né le sopravvivenze di opere classiche, né opere recenti che a esse si ispirassero: quali i rilievi della Porta del Battistero di Pisa. e per di più, circostanza fondamentale, il nord era stato recentemente teatro del grande sboccio dell'arte romanica, che aveva parzialmente investito anche la Toscana, Lucca in particolar modo.

Sono queste, ci sembra, le maggiori premesse all'Arte di Nicola Pisano, in quanto sono il punto di massima vitalità dell'arte italiana prima di lui.


L'arte di Nicola, che emerge con forme nuovissime, si mostra tuttavia nutrita di un'alta aggiornatissima cultura, onde si giustifica che siano state viste nel suo stile conoscenza e assimilazione di forme classiche, analogie con la scultura meridionale federiciana, rapporti con l'arte romanica lombardo-toscana; ma in conclusione è soprattutto da vedervi una piena e precocissima partecipazione alla nascente civiltà gotica (e perciò anche una conoscenza dei recenti fatti artistici francesi), e su questo elemento creativo è, alla fine, da porsi l'accento. La figura di Nicola sta all'apertura del periodo gotico in Italia con soluzioni di colpo mature e nuovissime, da cui prendono le mosse tutti gli scultori, pur grandi e personali, che verranno dopo di lui, in primis Arnolfo di Cambio e Giovanni Pisano.


La prima opera documentata di Nicola è il Pulpito del Battistero di Pisa, del 1260. Segue dal 1265 al 1269 il Pulpito del Duomo di Siena; e questa volta nel contratto d'allogazione è fatto esplicitamente il nome dei collaboratori di Nicola: Arnolfo, Lapo, Donato e il figlio Giovanni, che a giudicare dalla mercede, doveva essere ancora ragazzo.


Pulpito del Battistero di Pisa - Pulpito del Duomo di Siena - Nicola Pisano
Pulpito del Battistero di Pisa - Pulpito del Duomo di Siena - Nicola Pisano

Sicuramente documentata è anche la Fontana di Piazza di Perugia, finita nel 1278 in collaborazione con il figlio Giovanni. Precedentemente, nel 1273, Nicola si era impegnato a rifare un altare per il Duomo di Pistoia, di cui non rimangono più tracce. Ma anche per altre opere è stato fatto il nome di Nicola Pisano: i due grandi bassorilievi rappresentanti la Natività e la Deposizione del portale sinistro della facciata del Duomo di San Martino di Lucca, e l'Arca della Basilica di San Domenico di Bologna. Dopo il 1278 non si hanno più notizie di lui; un documento del 1284 lo nomina come il "quondam maestro Nicola".


Il Pulpito di Pisa è esagonale, poggiante su arcate trilobate, retto da sette colonne. Tre di queste poggiano su leoni simili ai leoni dei protiri delle cattedrali romaniche, tre direttamente sul terreno, la settima, al centro, su un gruppo ispirato ai bestiari. Il parapetto del pulpito è costituito da cinque formelle scolpite, divise da colonnine a fascio. Il tipo delle modanature, profilate con energico risalto, gli archi trilobati, la ricchezza dei capitelli a foglie gonfie e accartocciate provano che lo scultore aveva familiari le forme del gotico francese; ma la compattezza della massa del pulpito e le sue proporzioni robuste rivelano un gusto italiano. Nelle sculture poi, che ornano le cinque formelle, l'apporto del gusto francese è pressoché nullo; ancor chiaramente visibili invece sono le reminiscenze romaniche insieme a una forte meditazione sui modelli classici. L'artista si è ispirato, per la composizione del bassorilievo e per i tipi delle figure, ai sa sarcofagi classici; ciò appare evidente, ma li ha trasformati con grande vigore. Il modo con cui egli trae le figure dal fondo è tutto diverso: esse per certe parti se ne staccano con prepotenza, e per altre vi si perdono rimanendovi incluse. Esse sono ammassate, senza spazio intermesso, solo solchi d'ombra, e urgono in primo piano. Scalpellate a larghi piani. la loro possenza plastica si sprigiona come da blocchi; i loro reciproci rapporti di proporzioni, anch'essi, dipendono dall'importanza del personaggio: è sostituita "alla misura fisica la misura morale": onde la loro dignità, che è grandissima, e il loro carattere solenne e profondamente religioso. Ma, anche, c'è in queste grandi figure un'evidenza corposa, un'energia espressiva e, nel folto comporre, un fraseggiare così largo e intenso, che un'umanità più piena se ne libera e si impone.


Questo carattere nel Pulpito di Siena si accentua. Lo stile di Nicola si è fatto più libero e mosso, e ricco di sfumature nel modellato e negli accenti. Anche l'architettura del pulpito è passata dall'esagono all'ottagono; gli specchi, non più divisi da colonnine, trapassano l'uno nell'altro con la sola cesura, agli angoli, di una più grande figura, sicché la scultura non subisce arresti, ma recinge tutto il pulpito, con svolgimento più sintetico e più graduato a un tempo. Anche il modo di trattare il bassorilievo risulta assai diverso; ed è questa diversità la ragione principale per cui si è tanto insistito a ricercare nel pulpito di Siena la collaborazione degli aiuti. A soli cinque anni da Pisa, lo stacco è così forte che ha indotto a non attribuirne il mutamento al solo Nicola. E invece, se pure la partecipazione di aiuti è larga, essa rimane del tutto subordinata alla direzione di Nicola, come dimostra l'unità dell'opera e la difficoltà di distinguere le varie mani; unicamente a Nicola si deve l'evoluzione di stile da Pisa a Siena. Perdura a Siena l'entusiasmo per la ritrovata classicità, ma più intimamente rivissuta, senza più citazioni letterali, e assimilata in un linguaggio interamente moderno. Le immagini si esprimono con attitudini più mosse, se pur sempre piene di dignità, e si distinguono, tuttavia, folte e stipate, ma con ritmi più animati e severi a un tempo. Il chiaroscuro si fa più morbido e denso.


A questo punto, prima di considerare la Fontana di Perugia, occorre far cenno alle due opere problematiche già indicate: le Sculture del portale sinistro della Chiesa di San Martino di Lucca, ovvero il Duomo, e l'Arca della Basilica di San Domenico di Bologna.


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Deposizione e Natività - Duomo di Lucca - Nicola Pisano

Le drammatiche sculture di Lucca non appaiono dominate dal possente equilibrio delle opere più certe di Nicola, e tuttavia è difficile non pensarle opere sue, così nuove nel loro impeto concitato e nell'emersione potente del rilievo, tant'è vero che anche chi non ne riconosce l'autografia non può fare a meno di attribuirne l'ideazione a Nicola. Controversa ne è anche la cronologia : ammesso che siano di Nicola, sono di certo anteriori al pulpito di Siena, mentre non è detto che precedano il pulpito di Pisa.


Per l'Arca della Basilica si San Domenico a Bologna, l'attribuzione a Fra Guglielmo, sostenuta, sulla traccia delle fonti, da Adolfo Venturi, fu a lungo seguita; ma le vecchie fonti parlano anche di Nicola Pisano, e, in effetti, poiché fondati indizi documentali indicano l'Arca come già compiuta nel 1267, a una data così precoce è difficile non farne risalire l'ideazione a Nicola. L'esecuzione fu lasciata agli allievi (fra cui Guglielmo), non senza tuttavia che il maestro stesso vi mettesse mano qua e là, ma soprattutto importanti furono gli interventi di Arnolfo di Cambio.


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Arca - Basilica di San Domenico a Bologna - Nicola Pisano

Alla costruzione della Fontana di Piazza di Perugia collaborarono, ricordati nelle iscrizioni incise sulla fonte: Fra Bevignate, indicato come operis structor e direttore generale dei lavori; il Rosso Padellaio che iscrisse il suo nome nella tazza del getto d'acqua, e Nicola e Giovanni Pisano, fols sculptorum. Il nome di Giovanni è ripetuto due volte, una in unione con il padre, l'altra da solo. La Fonte si compone di due vasche poligonali di diversa grandezza; la superiore, minore, è retta da colonnine poggianti sul fondo della vasca inferiore e al suo centro si innalza un'altra tazza di bronzo, da cui esce il getto dello zampillo, foggiato come un gruppo di tre ninfe allacciate. Il gruppo dei grifi, al primo sovrapposto, nella recente pulitura della Fonte è stato tolto, perché giudicato non pertinente, aggiunto: opinione, tuttavia, molto discutibile. Le sculture dei pannelli del bacino inferiore, binati, svolgono i Cicli delle Arti Liberali e dei Lavori dei Mesi, temi familiari all'arte medioevale; seguono scene del Vecchio Testamento, a cui si aggiungono scene relative alle origini mitiche di Roma e di Perugia. Nella vasca superiore gli specchi sono privi di sculture, ma fra l'uno e l'altro, contro i pilastri divisori, si ergono statue di santi o personificazioni della Ecclesia Romana, del Trasimeno, di Perugia, etc. Nell'esecuzione delle sculture prevale la parte di Giovanni. Anche il boccio della fontana (il gruppo delle tre ninfe) è stato a lungo attribuito a lui, poi ad Arnolfo; oggi si propone come esecutore il Rosso Padellaio, perché, se l'idea compositiva è degna di un grande artista, l'esecuzione, a ben guardare, manca della vitalità di un Giovanni o un Arnolfo.


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Fontana di Piazza di Perugia

Secondo la tradizione Nicola fu anche architetto. Nessun documento appoggia la tradizione, ma il fatto che anche il figlio Giovanni, e anche Arnolfo, siano stati architetti, corrobora questa possibilità. Delle molte costruzioni che gli attribuisce il Vasari, l'unica che con buon fondamento può supporsi sua è la Chiesa di Santa Trinità a Firenze.


Dalla bottega di Nicola uscirono i maggiori scultori toscani della generazione successiva; una tradizione si costituì a Pisa, organica e ricca di sviluppi, che informò di sé la maggior scuola italiana di scultura della seconda metà del 1200 e prima metà del 1300, detta appunto Scuola Pisana.


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