Giovanni Pisano, scultore e architetto, figlio e allievo di Nicola Pisano, nato a Pisa dopo il 1245, morto a Siena nel 1314 circa. Nel 1265 Giovanni è nominato per la prima volta aiuto del padre nel contratto d'allogazione del Pulpito del Duomo di Siena. Il suo temperamento e le sue tendenze si manifestano sin da principio profondamente diversi, quasi antitetici, da quelli di Nicola, con forte accentuazione di movimento e drammaticità.
Discussa è l'attribuzione a Giovanni Pisano dell'Acquasantiera della Chiesa di San Giovanni Fuorcivitas a Pistoia: mentre le mezze figure scolpite all'esterno della tazza svelano l'intensa e rapida modellazione che gli è propria, il gruppo di sostegno della pila ha i caratteri più generici della bottega di Nicola dopo il pulpito senese. Nella Fonte di Piazza di Perugia, detta Fontana Maggiore, l'opera di Giovanni si svolge accanto a quella del padre con potente accentuazione individuale.
Finita nel 1218 la Fonte di Perugia, Giovanni probabilmente tornò a Pisa, con il padre, a riprendere i lavori al Battistero pisano. Tra le sculture del secondo ordine esterno, alcune potenti mezze figure di apostoli e profeti - talvolta appena abbozzate, ma tanto più drammatiche e improvvise - mostrano l'alta fantasia di Giovanni, che di lì a poco crea le grandi, libere e monumentali Sculture della facciata del Duomo di Siena.
Alcune delle sculture della facciata del Duomo di Siena sono ancora in sito, la maggior parte, invece, sono state ritirate, sostituite da copie, e conservate nel Museo dell'Opera del Duomo. Queste sculture sembrano muoversi per le mensole e i cornicioni rimanendo indipendenti dall'architettura, non incluse in nicchie o cornici, ma sporgentesi animate verso il vuoto in altitudini drammatiche, fortemente scorciate, sicché, spostandosi il punto di vista, anche esse sembrano spostarsi: la famosa Maria di Mosè, e un popolo di Sibille e Profeti. Anche animali sporgono dalla facciata a sostegno di mensole, altrettanto pronti nel moto, d'una vitalità ferina. Lo stile gotico vi si dispiega nella sua più forte animazione, dominato superbamente da Giovanni Pisano, che si rinnova dall'intimo anche in manierismi, sciogliendoli in energia e rapidità di sintesi. Se la conoscenza dell'arte francese poteva supporsi probabile in Nicola per via diretta o indiretta, in Giovanni tale conoscenza è certa e diretta. Anche l'architettura della facciata del Duomo di Siena è, nella parte inferiore, opera di Giovanni; e in massima parte sue sono anche le sculture a girali d'acanto animati di figure che ornano le colonne fiancheggianti il portale centrale: esse mostrano la ricercatezza della sua cultura, cariche come sono di richiami, anche iconografici, all'arte classica antica come alla più recente cultura gotica francese (puntuali addirittura alcune rispondenze con i rilievi della cattedrale di Auxerre), senza che ne venga attenuata, anzi esaltata, la vitalità della figurazione.
L'attività di architetto, che rimane ipotetica e probabile per Nicola, è certa e documentata per Giovanni: oltre che al Battistero di Pisa e al Duomo di Siena, egli lavorò alla Cattedrale di Massa Marittima, al Duomo di Pisa, e costruì e scolpì la Porta laterale della Piave di San Quirico d'Orcia. A lui è stato anche attribuito il Camposanto di Pisa, ma senza fondamento.
Dal 1284 al 1296 Giovanni fu in prevalenza a Siena (c'era già stato e ci ritornerà anche dopo); tornò quindi a Pisa, dove fu scultore e capomastro del Duomo. Nel 1298 ricevette l'incarico di eseguire i Pulpiti di Sant'Andrea di Pistoia, terminato nel 1301; dal 1301 al 1310 scolpì il Pulpito del Duomo di Pisa. Scolpì anche, in tempi diversi, una serie di statue di Madonna con il Bambino, di cui è molto controversa la cronologia.
Nel 1312 Giovanni fu chiamato a Genova, a eseguire la Tomba di Margherita di Lussemburgo, moglie di Enrico VII; e i frammenti rimasti, ora al Museo di Palazzo Bianco, mostrano che si era ispirato al tema della resurrezione dei morti, rappresentando la defunta in atto di sollevarsi dal sarcofago sorretta da due angeli; e in quella figura Giovanni ritrova gli accenti della sua maggior grandezza; altre parti del monumento vennero eseguite dagli aiutanti.
La figura di Giovanni domina la scultura italiana della fine del 1200 e principio del 1300, così come Giotto la pittura, con una notevole precedenza cronologica, tuttavia, al pari di tutta l'architettura e scultura (si veda anche Nicola e Arnolfo) rispetto alla pittura. Ambedue, Giotto e Giovanni, hanno in comune la statura grandissima: più grave e trattenuto nella sua intensità Giotto, più impetuoso e travolgente Giovanni. Tutte le forme di Giovanni sono create in funzione di moto ed espressione: egli le scorcia, le contrae, ne esagera alcune parti e sorvola su altre, le allunga o abbrevia, incurante della bellezza armoniosa dei corpi; per lui i corpi sono soprattutto mezzo di compressione; la composizione li trapassa, li altera, e attraverso queste alterazioni svela i moti dell'animo con straordinaria potenza e rapidità. Nelle sue Madonne col Bambino, tutto il gruppo sboccia nello sguardo intenso che si scambiano madre e figlio. L'artista, nel gruppo di Padova, non esita a rattrappire il Bambino, in un moto vivacissimo, e ad accorciare eccessivamente il braccio della Vergine, perché su tutto domini la regale testa della Vergine e il suo lungo e fermo sguardo. Ugualmente nell'Annunciazione del Pulpito di Pistoia, tutta la scena è riassunta nell'impeto dell'angelo e nel ritrarsi della Vergine, avvolti dalle linee concentriche ascensionali del panneggio a solchi profondi, così efficacemente che, prima di aver potuto individuare le figure dei due protagonisti, il significato dell'azione e la sua commozione ci hanno raggiunti e toccati con la rapidità della rivelazione.
L'influsso della scultura gotica francese deve aver contribuito a spingere Giovanni lontano dalle forme di Nicola, verso questa rapidità di moto e accentuazione di elementi lineari; ma di fronte al gotico d'oltralpe egli ha uno stile più impetuoso e intenso. Già la struttura dei suoi pergami di Pistoia e di Pisa non sottostà a partizioni regolari di riquadri e simili; ma gli animali e le cariatidi che sorreggono le colonne, le statue che sporgono dagli spigoli, l'affollamento delle figure nei bassorilievi, e nel Pulpito di Pisa anche la curvatura degli specchi e la sostituzione delle mensole agli archetti di sostegno, creano un complesso unico, indiviso, animato di luci e sporgenze, pieno di movimento e di energia. Parallelamente, nella facciata del Duomo di Siena, l'allineamento dei tra profondi portali a quasi uguale altezza, con la ripetizione del motivo, annulla l'impressione delle partizioni chiuse e delimitate, così come le statue che popolano i cornicioni. In procedere di tempo le forme di Giovanni si fanno più rotte e scarnite, come può vedersi nella progressione dal Pulpito di Pistoia a quello di Pisa, con incisioni così profonde del rilievo da staccare quasi le figure dal fondo.
Giovanni, come già il padre Nicola, esercitò un'azione profonda, di estese e lontane conseguenze, sulla cultura italiana, a largo raggio. Oltre Tino di Camaiono e Giovanni di Balduccio, una folla di maestri minori o anonimi discende da lui, diffondendo le forme pisane in tutta Italia, da Napoli alla Lombardia.
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